Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20-03-2000

DECRETO LEGISLATIVO 25 febbraio 2000, n.61
Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 97/81/CE, del Consiglio del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES;
Vista la legge 5 febbraio 1999, n. 25, ed in particolare l’articolo 2 e l’allegato A;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 gennaio 2000;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, per le pari opportunità e per la funzione pubblica; 
EMANA il seguente decreto legislativo:
Art. 1. – Definizioni
1. Nel rapporto di lavoro subordinato l’assunzione può avvenire a tempo pieno o a tempo parziale.
2. Ai fini del presente decreto legislativo si intende:
a) per “tempo pieno” l’orario normale di lavoro di cui all’articolo 13, comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni, o l’eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi applicati;
b) per “tempo parziale” l’orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui sia tenuto un lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato nella lettera a);
c) per “rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale” quello in cui la riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all’orario normale giornaliero di lavoro;
d) per “rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale” quello in relazione al quale risulti previsto che l’attività lavorativa sia svolta a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno;
e) per “lavoro supplementare” quello corrispondente alle prestazioni lavorative svolte oltre l’orario di lavoro concordato fra le parti ai sensi dell’articolo 2, comma 2, ed entro il limite del tempo pieno.
3. I contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, i contratti collettivi territoriali stipulati dai medesimi sindacati ed i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali, di cui all’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, con l’assistenza dei sindacati che hanno negoziato e sottoscritto il contratto collettivo nazionale applicato, possono consentire che il rapporto di lavoro a tempo parziale si
svolga secondo una combinazione delle due modalità indicate nelle lettere c) e d) del comma 2, provvedendo a determinare le modalità temporali di svolgimento della specifica prestazione lavorativa ad orario ridotto, nonché le eventuali implicazioni di carattere retributivo della stessa.
4. Le assunzioni a termine, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, possono essere effettuate anche con rapporto a tempo parziale, ai sensi dei commi 2 e 3.
Art. 2. – Forma e contenuti del contratto di lavoro a tempo parziale 1.
Il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini e per gli effetti di cui all’articolo 8, comma 1.
Il datore di lavoro è tenuto a dare comunicazione dell’assunzione a tempo parziale alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio mediante invio di copia del contratto entro trenta giorni dalla stipulazione dello stesso.
Fatte salve eventuali più favorevoli previsioni dei contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3, il datore di lavoro è altresì tenuto ad informare le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, con cadenza annuale, sull’andamento delle assunzioni a tempo parziale, la relativa tipologia ed il ricorso al lavoro supplementare.
2. Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

Clausole difformi sono ammissibili solo nei termini di cui all’articolo 3, comma 7.

Art. 3. – Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale.
Lavoro supplementare, lavoro straordinario clausole elastiche
1. Il datore di lavoro ha facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a quelle concordate con il lavoratore ai sensi dell’articolo 2, comma 2, nel rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3, 4 e 6.
2. Il contratto collettivo, stipulato dai soggetti indicati nell’articolo 1, comma 3, che il datore di lavoro effettivamente applichi, stabilisce:
a) il numero massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili in ragione di anno; ove la determinazione è effettuata in sede di contratto collettivo territoriale o aziendale è comunque rispettato il limite stabilito dal contratto collettivo nazionale;
b) il numero massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili nella singola giornata lavorativa;
c) le causali obiettive in relazione alle quali si consente di  chiedere ad un lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di lavoro supplementare.
In attesa delle discipline contrattuali di cui al presente comma e fermo restando quanto previsto dal comma 15, il ricorso al lavoro supplementare è ammesso nella misura massima del 10 per cento della durata dell’orario di lavoro a tempo parziale riferita a periodi non superiori ad un mese e da utilizzare nell’arco di più di una settimana.
3. L’effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede in ogni caso il consenso del lavoratore interessato.

L’eventuale rifiuto dello stesso non costituisce infrazione disciplinare, né integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.
4. Le ore di lavoro supplementare sono retribuite come ore ordinarie, salva la facoltà per i contratti collettivi di cui al comma 2 di applicare una percentuale di maggiorazione sull’importo della retribuzione oraria globale di fatto, dovuta in relazione al lavoro supplementare.
In alternativa a quanto previsto in proposito dall’articolo 4, comma 2, lettera a), i contratti collettivi di cui al comma 2 possono anche stabilire che l’incidenza della retribuzione  delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti sia determinata convenzionalmente mediante l’applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla retribuzione dovuta per la singola ora di lavoro supplementare.
5. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale è consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie in relazione alle giornate di attività lavorativa.
A tali prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale vigente, ed eventuali successive modifiche ed integrazioni, in materia di lavoro straordinario nei rapporti a tempo pieno
. Salva diversa previsione dei contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3, i limiti trimestrale ed annuale stabiliti dalla legge 27 novembre 1998, n. 409, si intendono riproporzionati in relazione alla durata della prestazione lavorativa a tempo parziale.
6. Le ore di lavoro supplementare di fatto svolte in misura eccedente quella consentita ai sensi del comma 2 comportano l’applicazione di una maggiorazione del 50 per cento sull’importo della retribuzione oraria globale di fatto per esse dovuta.
I contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3, possono elevare la misura della maggiorazione; essi possono altresì stabilire criteri e modalità per assicurare al lavoratore a tempo parziale, su richiesta del medesimo, il diritto al consolidamento nel proprio orario di lavoro, in tutto od in parte, del lavoro supplementare svolto in via non meramente occasionale.
7. Ferma restando l’indicazione nel contratto di lavoro della distribuzione dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese ed all’anno, i contratti collettivi, di cui all’articolo 1, comma 3, applicati dal datore di lavoro interessato, hanno la facoltà di prevedere clausole elastiche in ordine alla sola collocazione temporale della prestazione lavorativa, determinando le condizioni e le modalità a fronte delle quali il datore di lavoro può variare detta collocazione, rispetto a quella inizialmente concordata col lavoratore ai sensi dell’articolo 2, comma 2.
8. L’esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa a tempo parziale comporta in favore del lavoratore un preavviso di almeno dieci giorni.
Lo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 comporta altresì in favore del lavoratore il diritto ad una maggiorazione della retribuzione oraria globale di fatto, nella misura fissata da contratti collettivi di cui ai medesimo comma 7.
9. La disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al contratto di lavoro.
Nel patto è fatta espressa menzione della data di stipulazione, della possibilità di denuncia di cui al comma 10, delle modalità di esercizio della stessa, nonché di quanto previsto dal comma 11.
10. Durante il corso di svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale il lavoratore potrà denunciare il patto di cui al comma 9, accompagnando alla denuncia l’indicazione di una delle seguenti documentate ragioni:
a) esigenze di carattere familiare;
b) esigenze di tutela della salute certificate dal competente Servizio sanitario pubblico;
c) necessità di attendere ad altra attività lavorativa subordinata o autonoma.
La denuncia in forma scritta, potrà essere effettuata quando siano decorsi almeno cinque mesi dalla data di stipulazione del patto e dovrà essere altresì accompagnata da un preavviso di un mese in favore del datore di lavoro.
I contratti collettivi di cui al comma 7 determinano i criteri e le modalità per l’esercizio della possibilità di denuncia anche nel caso di esigenze di studio o di formazione e possono, altresì, individuare ulteriori ragioni obiettive in forza delle quali possa essere denunciato il patto di cui al comma 9.
Il datore di lavoro ha facoltà di rinunciare al preavviso.
11. Il rifiuto da parte del lavoratore di stipulare il patto di cui al comma 9 e l’esercizio da parte dello stesso del diritto di ripensamento di cui al comma 10 non possono integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.
12. A seguito della denuncia di cui al comma 10 viene meno la facoltà del datore di lavoro di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa inizialmente concordata ai sensi dell’articolo 2, comma 2.
Successivamente alla denuncia, nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro è fatta salva la possibilità di stipulare un nuovo patto scritto in materia di collocazione temporale elastica della prestazione lavorativa a tempo parziale, osservandosi le disposizioni del presente articolo.
13. L’effettuazione di prestazioni lavorative supplementari o straordinarie, come pure lo svolgimento del rapporto secondo le modalità di cui al comma 7, sono ammessi esclusivamente quando il contratto di lavoro a tempo parziale, sia stipulato a tempo indeterminato e, nel caso di assunzioni a termine, limitatamente a quelle previste dall’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230.
I contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3, applicati dal datore di lavoro interessato, possono prevedere la facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni lavorative supplementari o straordinarie anche in relazione ad altre ipotesi di assunzione con contratto a termine consentite dalla legislazione vigente.
14. I centri per l’impiego e i soggetti autorizzati all’attività di mediazione fra domanda ed offerta di lavoro, di cui rispettivamente agli articoli 4 e 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, sono tenuti a dare, ai lavoratori interessati ad offerte di lavoro a tempo parziale, puntuale informazione della disciplina prevista dai commi 3, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13, preventivamente alla stipulazione del contratto di lavoro.
Per i soggetti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, la mancata fornitura di detta informazione costituisce comportamento valutabile ai fini dell’applicazione della norma di cui al comma 12, lettera b), del medesimo articolo 10.
15. Ferma restando l’applicabilità immediata della disposizione di cui al comma 3, le clausole dei contratti collettivi in materia di lavoro supplementare nei rapporti di lavoro a tempo parziale, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, continuano a produrre effetti sino alla scadenza prevista e comunque per un periodo non superiore ad un anno.Art. 4. – Principio di non discriminazione
1. Fermi restando i divieti di discriminazione diretta ed indiretta previsti dalla legislazione vigente, il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3, per il solo motivo di lavorare a tempo parziale.
2. L’applicazione del principio di non discriminazione comporta che:
a) il lavoratore a tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione oraria; la durata del periodo di prova e delle ferie annuali; la durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità; la durata del periodo di conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia; infortuni sul lavoro, malattie professionali; l’applicazione delle norme di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; l’accesso ad iniziative di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro; l’accesso ai servizi sociali aziendali; i criteri di calcolo delle competenze indirette e differite previsti dai contratti collettivi di lavoro; i diritti sindacali, ivi compresi quelli di cui al titolo III della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. I contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3, possono provvedere a modulare la durata del periodo di prova e quella del periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia qualora l’assunzione avvenga con contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale;
b) il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa; l’importo della retribuzione feriale; l’importo dei trattamenti economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità.
Resta ferma la facoltà per il contratto individuale di lavoro e per i contratti collettivi, di cui all’articolo 1, comma 3, di prevedere che la corresponsione ai lavoratori a tempo parziale di emolumenti retributivi, in particolare a carattere variabile, sia effettuata in misura più che proporzionale.Art. 5. – Tutela ed incentivazione del lavoro a tempo parziale
1. Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo di licenziamento.
Su accordo delle parti risultante da atto scritto, redatto su richiesta del lavoratore con l’assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo o, in mancanza di rappresentanza sindacale aziendale nell’unità produttiva, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio, è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale.
Al rapporto di lavoro a tempo parziale risultante dalla trasformazione si applica la disciplina di cui al presente decreto legislativo.
2. In caso di assunzione di personale a tempo pieno il datore di lavoro è tenuto a riconoscere un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività presso unità produttive site entro 100 km dall’unità produttiva interessata dalla pro-grammata assunzione, adibiti alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti rispetto a quelle con riguardo alle quali è prevista l’assunzione, dando priorità a coloro che, già dipendenti, avevano trasformato il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
A parità di condizioni, il diritto di precedenza nell’assunzione a tempo pieno potrà essere fatto valere prioritariamente dal lavoratore con maggiori carichi familiari; secondariamente si terrà conto della maggiore anzianità di servizio, da calcolarsi comunque senza riproporzionamento in ragione della pregressa ridotta durata della prestazione lavorativa.
3. In caso di assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro è tenuto a darne tempestiva informazione al personale già dipendente con rapporto a tempo pieno occupato in unità produttive site nello stesso ambito comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti nei locali dell’impresa, ed a prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto dei dipendenti a tempo pieno.
Su richiesta del lavoratore interessato, il rifiuto del datore di lavoro dovrà essere adeguatamente motivato.
I contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3, possono provvedere ad individuare criteri applicativi con riguardo alla disposizione di cui al primo periodo del presente comma.
4. I benefici contributivi previsti dall’articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, possono essere riconosciuti con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale previsto dal citato articolo, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, anche in misura differenziata in relazione alla durata dell’orario previsto dal contratto di lavoro a tempo parziale, in favore dei datori di lavoro privati imprenditori e non imprenditori e degli enti pubblici economici che provvedano ad effettuare, entro il termine previsto dal decreto medesimo, assunzioni con contratto a tempo indeterminato e parziale ad incremento degli organici esistenti calcolati con riferimento alla media degli occupati nei dodici mesi precedenti la stipula dei predetti contratti.Art. 6. – Criteri di computo dei lavoratori a tempo parziale
1. In tutte le ipotesi in cui, per disposizione di legge o di contratto collettivo, si renda necessario l’accertamento della consistenza dell’organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel numero complessivo dei dipendenti in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno così come definito ai sensi dell’articolo 1, con arrotondamento all’unità della frazione di orario superiore alla metà di quello pieno.
2. Ai soli fini dell’applicabilità della disciplina di cui al titolo III della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, i lavoratori a tempo parziale si computano come unità intere, quale che sia la durata della loro prestazione lavorativa.Art. 7. – Applicabilità nel settore agricolo
1. Le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo ai rapporti di lavoro del settore agricolo, anche con riguardo alla possibilità di effettuare lavoro supplementare o di consentire la stipulazione di una clausola elastica di collocazione della prestazione lavorativa nei rapporti a tempo determinato parziale, sono determinate dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi.Art. 8. – S a n z i o n i
1. Nel contratto di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta a fini di prova.
Qualora la scrittura risulti mancante, è ammessa la prova per testimoni nei limiti di cui all’articolo 2725 del codice civile.
In difetto di prova in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su richiesta del lavoratore potrà essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data in cui la mancanza della scrittura sia giudizialmente accertata.
Resta fermo il diritto alle  retribuzioni dovute per le prestazioni effettivamente rese antecedentemente alla data suddetta.
2. L’eventuale mancanza o indeterminatezza nel contratto scritto delle indicazioni di cui all’articolo 2, comma 2, non comporta la nullità del contratto di lavoro a tempo parziale.
Qualora l’omissione riguardi la durata della prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore può essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale.
Qualora invece l’omissione riguardi la sola collocazione temporale dell’orario, il giudice provvede a determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale con riferimento alle previsioni dei contratti collettivi di cui all’articolo 3, comma 7, o, in mancanza, con valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle responsabilità familiari del lavoratore interessato, della sua necessità di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo parziale mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle esigenze del datore di lavoro.
Per il periodo  antecedente la data della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi con valutazione equitativa.
Nel corso del successivo svolgimento del rapporto, è fatta salva la possibilità di concordare per iscritto una clausola elastica in ordine alla sola collocazione temporale della prestazione lavorativa a tempo parziale, osservandosi le disposizioni di cui all’articolo 3.
In luogo del ricorso all’autorità giudiziaria, le controversie di cui al presente comma ed al comma 1 possono essere risolte mediante le procedure di conciliazione ed eventualmente di arbitrato previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all’articolo 1, comma 3.
3. In caso di violazione da parte del datore di lavoro del diritto di precedenza di cui all’articolo 5, comma 2, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in misura corrispondente alla differenza fra l’importo della retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio al tempo pieno nei sei mesi successivi a detto passaggio.
4. La mancata comunicazione alla direzione provinciale del lavoro, di cui all’articolo 2, comma 1, secondo periodo, comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa di lire trentamila per ciascun lavoratore interessato ed ogni giorno di ritardo.

I corrispondenti importi sono versati a favore della gestione contro la disoccupazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).

Art. 9. – Disciplina previdenziale
1. La retribuzione minima oraria, da assumere quale base per il calcolo dei contributi previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale, si determina rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale il minimale giornaliero di cui all’articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e dividendo l’importo così ottenuto per il numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo nazionale di categoria per i lavoratori a tempo pieno.
2. Gli assegni per il nucleo familiare spettano ai lavoratori a tempo parziale per l’intera misura settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale di durata non inferiore al minimo di ventiquattro ore.

A tal fine sono cumulate le ore prestate in diversi rapporti di lavoro.
In caso contrario spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate, qualunque sia il numero delle ore lavorate nella giornata. Qualora non si possa individuare l’attività principale per gli effetti dell’articolo 20 del testo unico delle norme sugli assegni familiari, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, e successive modificazioni, gli assegni per il nucleo familiare sono corrisposti direttamente dall’INPS.
Il comma  2 dell’articolo 26 del citato testo unico è sostituito dal seguente:
“Il contributo non è dovuto per i lavoratori cui non spettano gli assegni a norma dell’articolo 2.”.
3. La retribuzione da valere ai fini dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei lavoratori a tempo parziale è uguale alla retribuzione tabellare prevista dalla contrattazione collettiva per il corrispondente rapporto di lavoro a tempo pieno.
La retribuzione tabellare è determinata su base oraria in relazione alla durata normale annua della prestazione di lavoro espressa in ore.
La retribuzione minima oraria da assumere quale base di calcolo dei premi per l’assicurazione di cui al presente comma è stabilita con le modalità di cui al comma 1.
4. Nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale e viceversa, ai fini della determinazione dell’ammontare del trattamento di pensione si computa per intero l’anzianità relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e proporzionalmente all’orario effettivamente svolto l’anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale.Art. 10. – Disciplina del part-time nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
1. Ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le disposizioni del presente decreto si applicano, ove non diversamente disposto, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, con esclusione di quelle contenute negli articoli 2, comma 1, 5, commi 2 e 4, e 8, e comunque fermo restando quanto previsto da disposizioni speciali in materia ed, in particolare, dall’articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dall’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, dall’articolo 22 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e dall’articolo 20 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.Art. 11. – Abrogazioni
1. Sono abrogati:
a) l’articolo 5 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863;

b) la lettera a) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, limitatamente alle parole: “alla data di entrata in vigore del presente decreto ovvero sulla base di accordi collettivi di gestione di eccedenze di personale che contemplino la trasformazione di contratti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale”, nonché l’articolo 13, comma 7, della legge 24 giugno 1997, n. 196.

Art. 12. – V e r i f i c a
1. Entro il 31 dicembre 2000 il Ministro del lavoro e della previdenza sociale procede ad una verifica, con le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, degli effetti delle disposizioni dettate dal presente decreto legislativo, con particolare riguardo alle previsioni dell’articolo 3, comma 2, in materia di lavoro supplementare e all’esigenza di controllare le ricadute occupazionali delle misure di incentivazione  introdotte, anche ai fini dell’eventuale esercizio del potere legislativo delegato di cui all’articolo 1, comma 4, della legge 5 febbraio 1999, n. 25.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.

è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 25 febbraio 2000
CIAMPI
D’Alema, Presidente del Consiglio dei Ministri
Toia, Ministro per le politiche comunitarie
Salvi, Ministro del lavoro e della previdenza sociale
Dini, Ministro degli affari esteri
Diliberto, Ministro della giustizia
Amato, Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
Balbo, Ministro per le pari opportunità
Bassanini, Ministro per la funzione  pubblica
Visto, il Guardasigilli: Diliberto

NOTE

Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto dall’amministrazione competente per materia, ai sensi dell’art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni
sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee (G.U.C.E.).

Note alle premesse:
– L’art. 76 della Costituzione stabilisce che l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
– L’art. 87 della Costituzione conferisce, tra l’altro, al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i
regolamenti.
– La direttiva 97/81/CE è pubblicata in G.U.C.E. n. L 014 del 20 gennaio 1998.
– La legge 5 febbraio 1999, n. 25, reca: “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – legge comunitaria
1998”.

L’art. 2 della succitata legge così recita:
“Art. 2 (Criteri e principi direttivi generali della delega legislativa).
– 1. Salvi gli specifici principi e criteri direttivi stabiliti negli articoli seguenti ed in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all’art. 1 saranno informati ai seguenti principi e criteri direttivi generali:
a) le amministrazioni direttamente interessate provvederanno all’attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative;
b) per evitare disarmonie con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, saranno introdotte le occorrenti modifiche o integrazioni alle discipline stesse;
c) salva l’applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l’osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, saranno previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi.
Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell’ammenda fino a lire duecento milioni e dell’arresto fino a tre anni, saranno previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi generali dell’ordinamento interno, del tipo di quelli tutelati dagli articoli 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
In tali casi saranno previste: la pena dell’ammenda alternativa all’arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l’interesse protetto; la pena dell’arresto congiunta a quella dell’ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità
. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a lire cinquantamila e non superiore a lire duecento milioni sarà prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli sopra indicati.
Nell’ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni sopra indicate saranno determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell’interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, delle specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l’infrazione può recare al colpevole o alla persona o ente nel cui interesse egli agisce.
In ogni caso, in deroga ai limiti sopra indicati, per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi saranno previste sanzioni penali o amministrative identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni che siano omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni medesime;
d) eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l’attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali potranno essere previste nei soli limiti occorrenti per l’adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive; alla relativa copertura, in quanto non sia possibile far fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvederà a norma degli articoli 5 e 21 della legge 16 aprile 1987, n. 183, osservando altresì il disposto dell’art. 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dall’art. 7 della legge 23 agosto 1988, n. 362;
e) all’attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o decreto legislativo si provvederà, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modifiche alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata;
f) abolizione dei diritti speciali o esclusivi, con regime autorizzatorio a favore di terzi, in tutti i casi in cui il loro mantenimento ostacoli la prestazione, in regime di concorrenza, di servizi che formano oggetto di disciplina delle direttive per la cui attuazione è stata conferita la delega legislativa, o di servizi a questi connessi;
g) i decreti legislativi assicureranno in ogni caso che, nelle materie trattate dalle direttive da attuare, la disciplina disposta sia pienamente conforme alle prescrizioni delle direttive medesime, tenuto anche conto delle eventuali modificazioni comunque intervenute fino al momento dell’esercizio della delega;
h) nelle materie di competenza delle regioni a statuto ordinario e speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano saranno osservati l’art. 9 della legge 9 marzo 1989, n. 86, e l’art. 6, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
Saranno inoltre osservate le competenze normative e amministrative conferite alle regioni con la legge 15 marzo 1997, n. 59, ed i relativi decreti legislativi attuativi, nonché gli ambiti di autonomia delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, nel rispetto del principio di sussidiarietà.
2. Le disposizioni in materia di prescrizione di cui agli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e successive modificazioni, si applicano, ove già non previsto, a tutte le violazioni delle norme di recepimento di recepimento di disposizione  comunitarie in materia di igiene sul lavoro, sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, per le quali è prevista la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda”.
– L’allegato A della succitata legge n. 25/1999 riporta l’elenco delle direttive da attuare con decreto legislativo.Note all’art. 1:
– La legge 24 giugno 1997, n. 196, reca: “Norme in materia di promozione dell’occupazione”.
L’art. 13, comma 1, della succitata legge così recita:
“1. L’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali.
I contratti collettivi nazionali possono stabilire una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno
. In attesa della nuova normativa in materia di tempi di lavoro e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le disposizioni di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 5-bis del regio decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e successive modificazioni e integrazioni, continuano a trovare applicazione solo in caso di superamento delle 48 ore settimanali di lavoro”.
– La legge 20 maggio 1970, n. 300, reca: “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.
L’art. 19 della succitata legge così recita:
“Art. 19 (Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali).
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell’ambito:
a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentati sul piano nazionale;
b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell’unità produttiva.
Nell’ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento”.
– La legge 18 aprile 1962, n. 230, reca: “Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato”.
Note all’art. 3:
– La legge 27 novembre 1998, n. 409, reca: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 settembre 1998, n. 335, recante disposizioni urgenti in materia di lavoro straordinario”.
– Per quanto concerne la legge 18 aprile 1962, n. 230, vedi le note all’art. 1.
L’art. 1, comma 2, lettera b) della succitata legge così recita:
“è consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto:
a) (Omissis);
b) quando l’assunzione abbia luogo per sostituire lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto, semprechè nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione”.
– Il decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, reca: “Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell’art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59”.
Gli articoli 4 e 10 del succitato decreto legislativo così recitano:
“Art. 4 (Criteri per l’organizzazione del sistema regionale per l’impiego).
– 1. L’organizzazione amministrativa e le modalità di esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti ai sensi del presente decreto sono disciplinati, anche al fine di assicurare l’integrazione tra i servizi per l’impiego, le politiche attive del lavoro e le politiche formative, con legge regionale da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a) ai sensi dell’art. 4, comma 3, lettere f), g) e h), della legge 15 marzo 1997, n. 59, attribuzione alle province delle funzioni e dei compiti di cui all’art. 2, comm 1, ai fini della realizzazione dell’integrazione di cui al comma 1;
b) costituzione di una commissione regionale permanente tripartita quale sede concertativa di progettazione, proposta, valutazione e verifica rispetto alle linee programmatiche e alle politiche del lavoro di competenza regionale; la composizione di tale organo collegiale deve prevedere la presenza del rappresentante regionale competente per materia di cui alla lettera c), delle parti sociali sulla base della rappresentatività determinata secondo i criteri previsti dall’ordinamento, rispettando la pariteticità delle posizioni delle parti sociali stesse, nonché quella del consigliere di parità nominato ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125;
c) costituzione di un organismo istituzionale finalizzato a rendere effettiva, sul territorio, l’integrazione tra i servizi all’impiego, le politiche attive del lavoro e le politiche formative, composto da rappresentanti istituzionali della regione, delle province e degli altri enti locali;
d) affidamento delle funzioni di assistenza tecnica e monitoraggio nelle materie di cui all’art. 2, comma 2, ad apposita struttura regionale dotata di personalità giuridica, con autonomia patrimoniale e contabile avente il compito di collaborare al raggiungimento dell’integrazione di cui al comma 1 nel rispetto delle attribuzioni di cui alle lettere a) e b).
Tale struttura garantisce il collegamento con il sistema informativo del lavoro di cui all’art. 11:
e) gestione ed erogazione da parte delle province dei servizi connessi alle funzioni e ai compiti attribuiti ai sensi del comma 1, lettera a), tramite strutture denominate “centri per l’impiego ;
f) distribuzione territoriale dei centri per l’impiego sulla base di bacini provinciali con utenza non inferiore a 100.000 abitanti, fatte salve motivate esigenze socio-geografiche;
g) possibilità di attribuzione alle province della gestione ed erogazione dei servizi, anche tramite i centri per l’impiego, connessi alle funzioni e compiti conferiti alla regione ai sensi dell’art. 2, comma 2;
h) possibilità di attribuzione all’ente di cui al comma 1, lettera d), funzioni ed attività ulteriori rispetto a quelle conferite ai sensi del presente decreto,  anche prevedendo che l’erogazione di tali ulteriori servizi sia a titolo oneroso per i privati che ne facciano richiesta.
2. Le province individuano adeguati strumenti di raccordo con gli altri enti locali, prevedendo la partecipazione degli stessi alla individuazione degli obiettivi e all’organizzazione dei servizi connessi alle funzioni e ai compiti di cui all’art. 2, comma 1.
L’art. 3, comma 1, della legge 28 febbraio 1987, n. 56, si applica anche ai centri per l’impiego istituiti dalle amministrazioni provinciali.
3. I servizi per l’impiego di cui al comma 1 devono essere organizzati entro il 31 dicembre 1998″.
“Art. 10 (Attività di mediazione). – 1. Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera g), della legge 15 marzo 1997, n. 59, il presente articolo definisce le modalità necessarie per l’autorizzazione a svolgere attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro a idonee strutture organizzative.
2. L’attività di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro può essere svolta, previa autorizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, da imprese o gruppi di imprese, anche società cooperative con capitale versato non inferiore a 200 milioni di lire nonché da enti non commerciali con patrimonio non inferiore a 200 milioni.
3. I soggetti di cui al comma 2 debbono avere quale oggetto sociale esclusivo l’attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro.
4. L’autorizzazione è rilasciata, entro e non oltre centocinquanta giorni dalla richiesta, per un periodo di tre anni e può essere successivamente rinnovata per periodi di uguale durata. Decorso tale termine, la domanda si intende respinta.
5. Le domande di autorizzazione e di rinnovo sono presentate al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che le trasmette entro trenta giorni alle regioni territorialmente competenti per acquisirne un motivato parere entro i trenta giorni successivi alla trasmissione.
Decorso inutilmente tale termine, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ove ne ricorrano i presupposti, può comunque procedere al rilascio dell’autorizzazione o al suo rinnovo.
6. Ai fini dell’autorizzazione i soggetti interessati si impegnano a:
a) fornire al servizio pubblico, mediante collegamento in rete, i dati relativi alla domanda e all’offerta di lavoro che sono a loro disposizione;
b) comunicare all’autorità concedente gli spostamenti di sede, l’apertura delle filiali o succursali, la cessazione delle attività;
c) fornire all’autorità concedente tutte le informazioni da questa richiesta.
7. I soggetti di cui al comma 2 devono:
a) disporre di uffici idonei nonché di operatori con competenze professionali idonee allo svolgimento dell’attività di selezione di manodopera; l’idoneità delle competenze professionali è comprovata da esperienze lavorative relative, anche in via alternativa, alla gestione, all’orientamento alla selezione e alla formazione del personale almeno biennale;
b) avere amministratori, direttori generali, dirigenti muniti di rappresentanza e soci accomandatari, in possesso di titoli di studio adeguati ovvero di compravata esperienza nel campo della gestione, selezione e formazione del personale della durata di almeno tre anni,
Tali soggetti non devono aver riportato condanne, anche non definitive, ivi comprese le sanzioni sostitutive di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, per delitti contro il patrimonio, per delitti contro la fede pubblica o contro l’economia pubblica, per il delitto previsto dall’art. 416-bis del codice penale, o per delitti non colposi per i quali la legge commini la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, per delitti o contravvenzioni previsti da leggi dirette alla prevenzione degli infortuni sul lavoro o di previdenza sociale, ovvero non devono essere stati sottoposti alle misure di prevenzione disposte ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 579, o della legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni ed integrazioni.
8. Ai sensi delle disposizioni di cui alla legge 20 maggio 1970, n. 300, alla legge 9 dicembre 1977, n. 903, e alla legge 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni ed integrazioni, nello svolgimento dell’attività di mediazione è vietata ogni pratica discriminatoria basata sul sesso, sulle condizioni familiari, sulla razza, sulla cittadinanza, sull’origine territoriale, sull’opinione o affiliazione politica, religiosa o sindacale dei lavoratori.
9. La raccolta, la memorizzazione e la diffusione delle informazioni avviene sulla base dei principi della legge 31 dicembre 1996, n. 675.
10. Nei confronti dei prestatori di lavoro l’attività di mediazione deve essere esercitata a titolo gratuito.
11. Il soggetto che svolge l’attività di mediazione indica gli estremi dell’autorizzazione nella propria corrispondenza ed in tutte le comunicazioni a terzi, anche a carattere pubblicitario e a mezzo stampa.
12. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale determina, con decreto, i criteri e le modalità:
a) di controllo sul corretto esercizio dell’attività:
b) di revoca dell’autorizzazione, anche su richiesta delle regioni, in caso di non corretto andamento dell’attività svolta, con particolare riferimento alle ipotesi di violazione delle disposizioni di cui ai commi 8 e 10;
c) di effettuare delle comunicazioni di cui al comma 6;
d) di accesso ai dati complessi sulle domande ed offerte di lavoro.
13. Nei confronti dei soggetti autorizzati alla mediazione di manodopera ai sensi del presente articolo, non trovano applicazione le disposizioni contenute nella legge 29 aprile 1949, n. 264, e successive modificazioni ed integrazioni.
14. In fase di prima applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, la domanda di autorizzazione di cui al comma 2 può essere presentata successivamente alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 12″.
Nota all’art 4
– Per quanto concerne la legge 20 maggio 1970, n. 300, vedi le note all’art. 1.
Il titolo III della succitata legge disciplina l’attività sindacale.
Nota all’art 5
– Il decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, reca:
“Disposizioni urgenti in materia di occupazione e di fiscalizzazione degli oneri sociali.
L’art. 7, comma 1, lettera a), del succitato decreto-legge così recita:
“1. In attesa di un intervento di ridefinizione organica delle misure di incentivazione di un diverso assetto degli orari di lavoro in funzione di difesa o di promozione dei livelli occupazionali, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al fine di promuovere, in via sperimentale, il ricorso al lavoro a tempo parziale nonché a forme di utilizzo flessibile dell’orario di lavoro, può concedere, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell’ambito del fondo di cui all’art. 11, comma 31, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e in applicazione delle disposizioni del decreto di cui al comma 3, i seguenti benefici:
a) una riduzione, a beneficio delle imprese, dell’aliquota contributiva per l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, relativamente ai contratti di lavoro a tempo parziale stipulati ad incremento degli organici esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto ovvero sulla base di accordi collettivi di gestione di eccedenze di personale che contemplino la trasformazione di contratti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale”.

Nota all’art 6
– Per quanto concerne il titolo III della legge 20 maggio 1970, n. 300, vedi le note all’art. 4.

Nota all’art 8
– L’art. 2725 del codice civile, così recita:
“Art. 2725 (Atti per i quali è richiesta la prova per iscritto o la forma scritta).
– Quando, secondo la legge o la volontà delle parti, un contratto deve essere provato per iscritto, la prova per testimoni è ammessa soltanto nel caso indicato dal n. 3 dell’articolo precedente.
La stessa regola si applica nei casi in cui la forma scritta è richiesta sotto pena di nullità”.
Nota all’art 9
– Il decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, reca: “Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini”.
L’art. 7 del succitato decreto-legge così recita:
“Art. 7. – 1. Il numero dei contributi settimanali da accreditare ai lavoratori dipendenti nel corso dell’anno solare, ai fini delle prestazioni pensionistiche a carico dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, per ogni anno solare successivo al 1983 è pari a quello delle settimane dell’anno stesso retribuite o riconosciute in base alle norme che disciplinano l’accreditamento figurativo, sempre che risulti erogata, dovuta o accreditata figurativamente per ognuna di tali settimane una retribuzione non inferiore al 30% dell’importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti in vigore al 1o gennaio dell’anno considerato.
A decorrere dal periodo di paga in corso alla data del 1o gennaio 1984, il limite minimo di retribuzione giornaliera, ivi compresa la misura minima giornaliera dei salari medi convenzionali, per tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza e assistenza sociale non può essere inferiore al 7,50% dell’importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti in vigore dal 1o gennaio di ciascun anno.
2. In caso contrario viene accreditato un numero di contributi settimanali pari al quoziente arrotondato per eccesso che si ottiene dividendo la retribuzione complessivamente corrisposta, dovuta o accreditata figurativamente nell’anno solare, per la retribuzione di cui al comma precedente.
I contributi così determinati, ferma restando l’anzianità assicurativa, sono riferiti ad un periodo comprendente tante settimane retribuite, e che hanno dato luogo all’accreditamento figurativo, per quanto sono i contributi medesimi risalendo a ritroso nel tempo, a decorrere dall’ultima settimana lavorativa o accreditata figurativamente compresa nell’anno.
3. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano per i periodi successivi al 31 dicembre 1983 ai fini del diritto alle prestazioni non pensionistiche per le quali è previsto un requisito contributivo a carico dell’Istituto nazionale della previdenza sociale.
4. Per l’anno in cui cade la decorrenza della pensione, il numero dei contributi settimanali da accreditare ai lavoratori per il periodo compreso tra il primo giorno dell’anno stesso e la data di decorrenza della pensione si determina applicando le norme di cui ai precedenti commi limitatamente alle settimane comprese nel periodo considerato per le quali sia stata prestata attività lavorativa o che abbiano dato luogo all’accreditamento figurativo.
Lo stesso criterio si applica per le altre prestazioni previdenziali e assistenziali.
5. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, e 4 del presente articolo non si applicano ai lavorati addetti ai servizi domestici e familiari, agli operai agricoli, agli apprendisti e ai periodi di servizio militare o equiparato.
6. (Omissis).
7. A decorrere dal 1o gennaio 1984 l’importo minimo della retribuzione settimanale sulla quale sono commisurati i contributi volontari non può essere inferiore a quello della retribuzione media della classe di retribuzione di cui alla tabella F allegata al decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni nella legge 26 settembre 1981, n. 537, pari o immediatamente inferiore alla retribuzione settimanale determinata ai sensi del comma 1 del presente articolo.
8. L’importo del contributo volontario minimo dovuto da tutte le categorie di prosecutori volontari dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti è quello che si ottiene applicando alla retribuzione media di cui al precedente comma le aliquote percentuali in vigore per ciascuna categoria.
Per i lavoratori autonomi, fermo restando quanto disposto dal comma 2, dell’art. 4, in materia di contribuzione base, tale contributo non può essere inferiore a quello stabilito, con i criteri predetti, per i lavorati dipendenti comuni.
Per le categorie tenute al versamento di contributi volontari mensili tale importo è ragguagliato al mese.
9. Ai fini dell’accertamento del diritto e dell’anzianità contributiva per la determinazione della misura delle pensioni di vecchiaia, di anzianità, di invalidità ed ai superstiti degli operai agricoli, da liquidare con decorrenza successiva al 31 dicembre 1983, a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, il requisito minimo di contribuzione annua è elevato a 270 giornate di contribuzione effettiva, volontaria o figurativa e, conseguentemente, il requisito minimo di contribuzione, per tutte le categorie di operai agricoli, resta fissato in: 5.460 giornate, con esclusione di quelle coperte da contribuzione figurativa per malattia e per indennità ordinaria di disoccupazione, per il diritto alla pensione di anzianità
. Per il conseguimento  dello stesso diritto è altresì richiesto il requisito di 35 anni di iscrizione negli elenchi nominativi di categoria: 4.050 giornate per il diritto alla pensione di vecchiaia; 1.350 giornate per il diritto alla pensione di invalidità, di cui almeno 270 nel quinquennio precedente la domanda di pensione.
10. Le giornate eccedenti le 270 possono essere riferite ad un anno successivo nel quale risultino accreditate almeno 30 giornate di contribuzione effettiva.
11. Per la contribuzione relativa a periodi successivi al 31 dicembre 1983, qualora nel corso dell’anno sussista anche contribuzione relativa ad attività lavorativa extra agricola, non potrà valutarsi complessivamente per ciascun anno un numero di settimane superiore a 52.
12. I contributi versati o accreditati relativamente al lavoro agricolo per periodi anteriori al 1o gennaio 1984 in numero inferiore a 270 giornate per anno sono rivalutati per i coefficienti 2,60 e 3,86, rispettivamente, per gli uomini e per le donne e i ragazzi.
12-bis. Per effetto della rivalutazione di cui al comma precedente non possono, comunque, essere computati più di 270 contributi giornalieri per anno.
13. I lavoratori agricoli che non raggiungano nell’anno il numero minimo di 270 contributi obbligatori giornalieri, possono effettuare versamenti volontari per l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ad integrazione di quelli effettivi figurativi fino alla concorrenza del predetto numero”.
– L’art. 20 del testo unico delle norme sugli assegni  familiari così recita:
“Art. 20 (Art. 7, del regio decreto-legge 17 giugno 1937, n. 1048 – Art. 8 regio decreto 21 luglio 1937, n. 1239).
– Il lavoratore che esplica la sua attività presso aziende diverse ha diritto agli assegni familiari solo per l’attività principale.
Si intende per attività principale quella che impegna per il maggior tempo le prestazioni del lavoratore o costituisce la fonte principale di guadagno.
Il lavoratore deve indicare al datore di lavoro, presso cui presta attività secondaria, l’azienda presso cui esplica l’attività principale per la quale gli vengono corrisposti gli assegni”.
– Il decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, reca: “Approvazione del testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari”.
Nota all’art 10
– Il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, reca: “Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
” L’art. 2, comma 2 del succitato decreto legislativo così recita:
“2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto.
Eventuali disposizioni di legge,  regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario”.
– La legge 23 dicembre 1996, n. 662, reca: “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
” L’art. 1 della succitata legge, reca: “Misure in materia di sanità, pubblico impiego, istruzione, finanza regionale e locale, previdenza e assistenza”.
– La legge 27 dicembre 1997, n. 449, reca: “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”.
L’art. 39 della succitata legge così recita:
“Art. 39 (Disposizioni in materia di assunzioni di personale delle amministrazioni pubbliche e misure di potenziamento e di incentivazione del part-time).
– 1. Al fine di assicurare le esigenze di funzionalità e di ottimizzare le risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio, gli organi di vertice delle amministrazioni pubbliche sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale, comprensivo delle unità di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482.
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, fatto salvo quanto previsto per il personale della scuola dall’art. 40, il numero complessivo dei dipendenti in servizio è valutato su basi statistiche omogenee, secondo criteri e parametri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
Per l’anno 1998, il predetto decreto è emanato entro il 31 gennaio dello stesso anno, con l’obiettivo della riduzione complessiva del personale in servizio alla data del 31 dicembre 1998, in misura non inferiore all’1 per cento rispetto al numero delle unità in servizio al 31 dicembre 1997.
Alla data del 31 dicembre 1999 viene assicurata una riduzione complessiva del personale in servizio in misura non inferiore all’1,5 per cento rispetto al numero delle unità in servizio alla data del 1o dicembre 1997.
Per l’anno 2000 è assicurata una ulteriore riduzione non inferiore all’1 per cento rispetto al personale in servizio al 31 dicembre 1997.
Per l’anno 2001 deve essere realizzata una riduzione di personale non inferiore all’1 per cento rispetto a quello in servizio al 31 dicembre 1997, fermi restando gli obiettivi di riduzione previsti per gli anni precedenti, e fatta salva la quota di riserva di cui all’art. 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68.
Nell’ambito della programmazione delle procedure di autorizzazione delle assunzioni, deve essere prioritariamente garantita l’immissione in servizio degli addetti a compiti di sicurezza pubblica e dei vincitori dei concorsi espletati alla data del 30 settembre 1999.
2-bis. Allo scopo di assicurare il rispetto delle percentuali annue di riduzione del personale di cui al comma 2, la programmazione delle assunzioni tiene conto dei risultati quantitativi raggiunti al termine dell’anno precedente, separatamente per i Ministeri e le altre amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, per gli enti pubblici non economici con organico superiore a duecento unità, nonché per le Forze armate, le Forze di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Ai predetti fini i Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica riferiscono al Consiglio dei Ministri entro il primo bimestre di ogni anno.
3. Per consentire lo sviluppo dei processi di riqualificazione delle amministrazioni pubbliche connessi all’attuazione della riforma amministrativa, garantendo il   rispetto degli obiettivi di riduzione programmata del personale, a decorrere dall’anno 2000 il Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro e della programmazione economica, definisce preliminarmente le priorità e le necessità operative da soddisfare, tenuto conto in particolare delle correlate esigenze di introduzione di nuove professionalità.
In tale quadro, entro il primo semestre di ciascun anno, il Consiglio dei Ministri determina il numero massimo complessivo delle assunzioni delle amministrazioni di cui al comma 2 compatibile con gli obiettivi di riduzione numerica e con i dati sulle cessazioni dell’anno precedente.
Le assunzioni restano comunque subordinate all’indisponibilità di personale da trasferire secondo le vigenti procedure di mobilità e possono essere disposte esclusivamente presso le sedi che presentino le maggiori carenze di personale.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle assunzioni previste da norme speciali o derogatorie.
3-bis. A decorrere dall’anno 1999 la disciplina autorizzatoria di cui al comma 3 si applica alla generalità delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e riguarda tutte le procedure di reclutamento e le nuove assunzioni di personale.
Il decreto  del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare a decorrere dallo stesso anno, entro il 31 gennaio, prevede criteri, modalità e termini anche differenziati delle assunzioni da disporre rispetto a quelli indicati nel comma 3, allo scopo di tener conto delle peculiarità e delle specifiche esigenze delle amministrazioni per il pieno adempimento dei compiti istituzionali.
3-ter. Al fine di garantire la coerenza con gli obiettivi di riforma organizzativa e riqualificazione funzionale delle amministrazioni interessate, le richieste di autorizzazione ad assumere devono essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai principi di semplificazione e di funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all’utenza.
Le predette richieste sono sottoposte all’esame del Consiglio dei Ministri, ai fini dell’adozione di delibere con cadenza semestrale, previa istruttoria da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
L’istruttoria è diretta a riscontrare le effettive esigenze di reperimento di nuovo personale e l’impraticabilità di soluzioni alternative collegate a procedure di mobilità o all’adozione di misure di razionalizzazione interna.
Per le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché per gli enti pubblici non economici con organico superiore a duecento unità, i contratti integrativi, sottoscritti, corredati da una apposita relazione tecnico-finanziaria riguardante gli oneri derivanti dall’applicazione della nuova classificazione del personale, certificata dai competenti organi di controllo, di cui all’art. 52, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, laddove operanti, sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, che, entro trenta giorni dalla data di ricevimento, ne accertano, congiuntamente, la compatibilità economico-finanziaria, ai sensi dell’art. 45, comma 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
Decorso tale termine, la delegazione di parte pubblica può procedere alla stipula del contratto integrativo.
Nel caso in cui abbia esito negativo, le parti riprendono le trattative.
4. Nell’ambito della programmazione di cui ai commi da 1 a 3, si procede comunque all’assunzione di 3.800 unità di personale, secondo le modalità di cui, commi da 5 a 15.
5. Per il potenziamento delle attività di controllo dell’amministrazione finanziaria si provvede con i criteri e le modalità di cui al comma 8 all’assunzione di 2.400 unità di personale.
6. Al fine di potenziare la v vigilanza in materia di lavoro e previdenza, si provvede altresì all’assunzione di 300 unità di personale destinate al servizio ispettivo delle direzioni provinciali e regionali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e di 300 unità di personale destinate all’attività dell’Istituto nazionale della previdenza sociale; il predetto Istituto provvede a destinare un numero non inferiore di unità al Servizio ispettivo.
7. Con regolamento da emanare su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono indicati i criteri e le  modalità, nonché i processi formativi, per disciplinare il passaggio, in ambito regionale del personale delle amministrazioni dello Stato, anche in deroga alla normativa vigente in materia di mobilità volontaria o concordata, al servizio ispettivo delle direzioni regionali e provinciali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
8. Le assunzioni sono effettuate con i seguenti criteri e modalità:
a) i concorsi sono espletati su base circoscrizionale corrispondente ai territori regionali ovvero provinciali, per la provincia autonoma di Trento, o compartimentale, in relazione all’articolazione periferica dei dipartimenti del Ministero delle finanze;
b) il numero dei posti da mettere a concorso nella settima qualifica funzionale in ciascuna circoscrizione territoriale è determinato sulla base della somma delle effettive vacanze di organico riscontrabili negli uffici aventi sede nella circoscrizione territoriale medesima, fa eccezione per quelli ricompresi nel territorio della provincia autonoma di Bolzano, con riferimento ai profili professionali di settima, ottava e nona qualifica funzionale, ferma restando, per le ultime due qualifiche, la disponibilità dei posti vacanti.
Per il profilo professionale di ingegnere direttore la determinazione dei posti da mettere a concorso viene effettuata con le stesse modalità, avendo a riferimento il profilo professionale medesimo e quello di ingegnere direttore coordinatore appartenente alla nona qualifica funzionale;
c) i concorsi consistono in una prova attitudinale basata su una serie di quesiti a risposta multipla mirati all’accertamento del grado di cultura generale e specifica, nonché delle attitudini ad acquisire le professionalità specialistiche nei settori giuridico, tecnico, informatico, contabile, economico e finanziario, per svolgere le funzioni del corrispondente profilo professionale.
I candidati che hanno superato positivamente la prova attitudinale sono ammessi a sostenere un colloquio interdisciplinare;
d) la prova attitudinale deve svolgersi esclusivamente nell’ambito di ciascuna delle circoscrizioni territoriali;
e) ciascun candidato può partecipare ad una sola procedura concorsuale.
9. Per le graduatorie dei concorsi si applicano le disposizioni dell’art. 11, commi settimo e ottavo, della legge 4 agosto 1975, n. 397, in materia di graduatoria unica nazionale, quelle dell’art. 10 ultimo comma, della stessa legge, con esclusione di qualsiasi effetto economico, nonché quelle di cui al comma 2, dell’art. 43, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
10. Per assicurare forme più efficaci di contrasto e prevenzione del fenomeno dell’evasione fiscale, il Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze individua all’interno del contingente di cui all’art. 55, comma 2, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 217 marzo 1992, n. 287, due aree funzionali composte da personale di alta professionalità destinato ad operare in sede regionale, nel settore dell’accertamento e del contenzioso.
Nelle aree predette sono inseriti, previa specifica formazione da svolgersi in ambito periferico, il personale destinato al Dipartimento delle entrate ai sensi del comma 5, nonché altri funzionari già addetti agli specifici settori, scelti sulla base della loro esperienza professionale e formativa, secondo criteri e modalità di carattere oggettivo.
11. Dopo l’immissione in servizio del personale di cui al comma 5, si procede alla riduzione proporzionale delle dotazioni organiche delle qualifiche funzionali inferiori alla settima nella misura complessiva corrispondente al personale effettivamente assunto nel corso del 1998 ai sensi del comma 4, provvedendo separatamente per i singoli ruoli.
12. (Omissis).
13. Le graduatorie dei concorsi per esami, indetti ai sensi dell’art. 28, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, conservano validità per un periodo di diciotto mesi dalla data della loro approvazione.
14. Per far fronte alle esigenze connesse con la salvaguardia dei beni culturali presenti nelle aree soggette a rischio sismico il Ministero per i beni culturali e ambientali, nell’osservanza di quanto disposto dai commi 1 e 2, è autorizzato, nei limiti delle dotazioni organiche complessive, ad assumere 600 unità di personale anche in eccedenza ai contingenti previsti per i singoli profili professionali, ferme restando le dotazioni di ciascuna qualifica funzionale.
Le assunzioni sono effettuate tramite concorsi da espletare anche su base regionale mediante una prova attitudinale basata su una serie di quesiti a risposta multipla mirati all’accertamento del grado di cultura generale e specifica, nonché delle attitudini ad acquisire le professionalità specialistiche nei settori tecnico, scientifico, giuridico, contabile, informatico, per svolgere le funzioni del corrispondente profilo professionale.
I candidati che hanno  superato con esito positivo la prova attitudinale sono ammessi a sostenere un colloquio interdisciplinare.
Costituisce titolo di preferenza la partecipazione per almeno un anno, in corrispondente professionalità, ai piani o progetti di cui all’art. 6 del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni.
15. Le amministrazioni dello Stato possono assumere, nel limite di 200 unità complessive, con le procedure previste dal comma 3, personale dotato di alta professionalità, anche al di fuori della dotazione organica risultante dalla rilevazione dei carichi di lavoro prevista dall’art. 3, comma 5, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in ragione delle necessità sopraggiunte alla predetta rilevazione, a seguito di provvedimenti legislativi di attribuzione di nuove e specifiche competenze alle stesse amministrazioni dello Stato.
Si  applicano per le assunzioni di cui al presente comma le disposizioni previste dai commi 8 e 11.
16. Le assunzioni di cui ai commi precedenti sono subordinate all’indisponibilità di idonei in concorsi già espletati le cui graduatorie siano state approvate a decorrere dal 1o gennaio 1994 secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 4, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che richiama le disposizioni di cui all’art. 22, comma 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
17. Il termine del 31 dicembre 1997, previsto dall’art. 12, comma 3, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, in materia di attribuzione temporanea di mansioni superiori, è ulteriormente differito alla data di entrata in vigore dei provvedimenti di revisione degli ordinamenti professionali e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1998.
18. Allo scopo di ridurre la spesa derivante da nuove assunzioni il Consiglio dei Ministri, con la determinazione da adottare ai sensi del comma 3, definisce, entro il primo semestre di ciascun anno, anche la percentuale del personale da assumere annualmente con contratto di lavoro a tempo parziale o altre tipologie contrattuali flessibili, salvo che per le Forze armate, le Forze di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Tale percentuale non  può comunque essere inferiore al 50 per cento delle assunzioni autorizzate.
Per le amministrazioni che non hanno raggiunto una quota di personale a tempo parziale pari almeno al 4 per cento del totale dei dipendenti, le assunzioni possono essere autorizzate, salvo motivate deroghe, esclusivamente con contratto a tempo parziale.
L’eventuale trasformazione a tempo pieno può intervenire purché ciò non comporti riduzione complessiva delle unità con rapporto di lavoro a tempo parziale. 18-bis. è consentito l’accesso ad un regime di impegno ridotto per il personale non sanitario con qualifica dirigenziale che non sia preposto alla titolarità di uffici, con conseguenti effetti sul trattamento economico secondo criteri definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
19. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, le università e gli enti di ricerca adeguano i propri ordinamenti ai principi di cui al comma 1 finalizzandoli alla riduzione programmata delle spese di personale.
20. Gli enti pubblici non economici adottano le determinazioni necessarie per l’attuazione dei principi di cui ai commi 1 e 18, adeguando, ove occorra, i propri ordinamenti con l’obiettivo di una riduzione delle spese per il personale.
Agli enti pubblici non economici con organico superiore a 200 unità si applica anche il disposto di cui ai commi 2 e 3.
20-bis. Le amministrazioni pubbliche alle quali non si applicano discipline autorizzatorie delle assunzioni, fermo restando quanto previsto dai commi 19 e 20, programmano le proprie politiche di assunzioni adeguandosi ai principi di riduzione complessiva della spesa di personale, in particolare per nuove assunzioni, di cui ai commi 2-bis, 3, 3-bis e 3-ter, per quanto applicabili, realizzabili anche   mediante l’incremento della quota di personale ad orario ridotto o con altre tipologie contrattuali flessibili nel quadro delle assunzioni compatibili con gli obiettivi della programmazione e giustificate dai processi di riordino o di trasferimento di funzioni e competenze.
Per le università restano ferme le disposizioni dell’art. 51.
20-ter. Le ulteriori economie conseguenti all’applicazione del presente articolo, realizzate in ciascuna delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e presso gli enti pubblici non economici con organico superiore a duecento unità, sono destinate, entro i limiti e con le modalità di cui all’art. 43, comma 5, ai fondi per la contrattazione integrativa di cui ai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro ed alla retribuzione di risultato del personale dirigente.
Con la medesima destinazione e ai sensi del predetto art. 43, comma 5, le amministrazioni e gli enti che abbiano proceduto a ridurre la propria consistenza di personale di una percentuale superiore allo 0,4 per cento rispetto agli obiettivi percentuali di riduzione annua di cui al comma 2, possono comunque utilizzare le   maggiori economie conseguite.
21. Per le attività connesse all’attuazione del presente articolo, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, possono avvalersi di personale comandato da altre amministrazioni dello Stato, in deroga al contingente determinato ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, per un numero massimo di 25 unità.
22. Al fine dell’attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59, la Presidenza del Consiglio dei Ministri è autorizzata, in deroga ad ogni altra disposizione, ad avvalersi, per non più di un trentennio, di un contingente integrativo di personale in posizione di comando o di fuori ruolo, fino ad un massimo di cinquanta unità, appartenente
alle amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nonché ad enti pubblici economici,.
Si applicano le disposizioni previste dall’art. 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n 127.
Il personale di cui al presente comma mantiene il trattamento economico fondamentale delle amministrazioni o degli enti di appartenenza e i relativi oneri rimangono a carico di tali amministrazioni o enti.
Al personale di cui al presente comma sono attribuiti l’indennità e il trattamento economico accessorio spettanti al personale di ruolo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, se più favorevoli.
Il servizio prestato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è valutabile ai fini della progressione della carriera e dei concorsi.
23. All’art. 9, comma 19, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, le parole: “31 dicembre 1997” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 1998”.
Al comma 18, dell’art. 1 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, come modificato dall’art. 6, comma 18, lettera c), della legge 15 maggio 1997, n. 127, le parole “31 dicembre 1997” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 1998”.
L’eventuale trasformazione dei contratti previsti dalla citata legge n. 549 del 1995 avviene nell’ambito della programmazione di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo.
24. In deroga a quanto previsto dall’art. 1, comma 115, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, l’entità complessiva di giovani iscritti alle liste di cui all’art. 37 del
decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 1964, n. 237, da ammettere annualmente al servizio ausiliario di leva nelle Forze di polizia, è incrementato di 3.000 unità, da assegnare alla Polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri ed al Corpo della guardia di finanza, in proporzione alle rispettive dotazioni organiche.
A decorrere dall’anno 1999 è disposto un ulteriore incremento di 2.000 unità da assegnare all’Arma dei carabinieri, nell’ambito delle procedure di programmazione
ed autorizzazione delle assunzioni di cui al presente articolo.
25. Al fine di incentivare la trasformazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici da tempo pieno a tempo parziale e garantendo in ogni caso che ciò non si
ripercuota negativamente sulla funzionalità degli enti pubblici con un basso numero di dipendenti, come i piccoli comuni e le comunità montane, la contrattazione collettiva può prevedere che i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti, nonché ad altri istituti contrattuali non
collegati alla durata della prestazione lavorativa siano applicati in favore del personale a tempo parziale anche in misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime orario adottato.
I decreti di cui all’art. 1, comma 58-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, introdotto dall’art. 6 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, devono essere emanati entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
In mancanza, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale può essere negata esclusivamente nel caso in cui l’attività che il dipendente intende svolgere sia in palese contrasto con quella svolta presso l’amministrazione di appartenenza o in concorrenza con essa, con motivato provvedimento emanato d’intesa fra l’amministrazione di appartenenza e la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica.
26. Le domande di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, respinte prima della data di entrata in vigore della presente legge, sono riesaminate d’ufficio secondo i criteri e le modalità indicati al comma 25, tenendo conto dell’attualità dell’interesse del dipendente.
27. Le disposizioni dell’art. 1, commi 58 e 59, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale, si applicano al personale
dipendente delle regioni e degli enti locali finché non diversamente disposto da ciascun ente con proprio atto normativo.
28. Nell’esercizio dei compiti attribuiti dall’art. 1, comma 62, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, il Corpo della guardia di finanza agisce av-valendosi dei poteri di
polizia tributaria previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
Nel  corso delle verifiche previste dall’art. 1, comma 62, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, non è opponibile il segreto d’ufficio”.
– La legge 23 dicembre 1998, n. 448, reca: “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.”
L’art. 22 della succitata legge, così recita:
“Art. 22 (Assunzioni di personale).
– 1. All’art. 39  della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l’ultimo periodo del comma 2 è sostituito dai seguenti: “Alla data del 31 dicembre 1999 viene assicurata una riduzione complessiva del personale in servizio in
misura non inferiore all’1,5 per cento rispetto al numero delle unità in servizio alla data del 31 dicembre 1997.
Per l’anno 2000 è assicurata una ulteriore riduzione non inferiore all’1 per cento rispetto al personale in servizio al 31 dicembre 1997 ;
b) al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Fino al 31 dicembre 2001, in relazione all’attuazione dell’art. 89 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, il Consiglio dei
Ministri nel formulare il programma di assunzioni di cui al presente comma considera nei criteri di priorità le assunzioni di personale per i ruoli locali delle
amministrazioni pubbliche nella provincia di Bolzano, nei limiti delle dotazioni organiche di ciascun profilo professionale ;
c) dopo il comma 3 è inserito il seguente:
“3-bis. A decorrere dall’anno 1999 la disciplina autorizzatoria di cui al comma 3 si applica alla generalità delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e riguarda tutte le procedure di reclutamento e le nuove assunzioni di personale, ivi comprese quelle relative al personale già in servizio con diversa qualifica o livello presso la medesima o altra amministrazione pubblica.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare a decorrere dallo stesso anno, entro il 31 gennaio, prevede criteri, modalità e termini anche differenziati delle assunzioni da disporre rispetto a quelli indicati nel comma 3, allo scopo di tener  conto delle peculiarità e delle specifiche esigenze delle amministrazioni per il pieno adempimento dei compiti istituzionali ;
d) il comma 18 è sostituito dal seguente:
“18. Fermo quanto disposto dall’art. 1, comma 57, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, una percentuale non inferiore al 25 per cento delle assunzioni comunque
effettuate deve avvenire con contratto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno o con contratto di
formazione e lavoro, ai sensi dell’art. 36, comma 7, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni.
Tale percentuale è calcolata complessivamente sul totale delle assunzioni ed è verificata al termine dell’anno 1999 con riferimento al totale delle assunzioni negli anni 1998 e 1999 .
2. L’art. 4 del regio decreto 27 agosto 1932, n. 1127, è abrogato.
3. All’art. 1, comma 3, della legge 26 novembre 1993, n. 482, sono soppresse le parole da: “non può avere” fino a: “non consecutivi”.
4. Il termine del 31 dicembre 1998, di cui al comma 18 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, come da ultimo prorogato dal comma 23, secondo periodo, dell’art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è prorogato al 31 dicembre 1999.
5. Il Ministero per i beni e le attività culturali è autorizzato ad assumere, al di fuori della previsione di fabbisogno di cui all’art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, nel 1999 e nel 2000, mille unità di personale a tempo determinato, con prestazioni di lavoro a tempo parziale, per profili professionali delle qualifiche funzionali non superiori alla settima e di durata non superiore ad un anno, prorogabile a due.
Il personale è destinato a garantire l’apertura pomeridiana, serale e festiva di musei, gallerie, monumenti e scavi di antichità dello Stato, biblioteche e archivi.
Al relativo onere si provvede con quota parte delle entrate di cui alla legge 25 marzo 1997, n. 78, nei limiti di lire 15 miliardi per ciascuno degli anni 1999 e 2000.
Deve, comunque, essere assicurato un sostanziale equilibrio nella dislocazione territoriale delle strutture prescelte.
6. Le assunzioni di personale non vedente, quale centralinista telefonico, massofisioterapista ed insegnante, non possono subire alcun blocco o limitazione sia nelle pubbliche amministrazioni sia nelle aziende private.
7. Le disposizioni della legge 29 marzo 1985, n. 113, si applicano anche agli enti locali, nelle cui piante organiche è previsto il posto di centralinista telefonico.
8. Per coloro che abbiano già prestato servizio militare obbligatorio, o che siano trattenuti in servizio per ulteriori dodici mesi oltre la ferma di leva, il limite massimo di età, di cui alla lettera d) della voce “Requisiti di stato civile dell’allegato 2 del decreto del Presidente della Repubblica 2 settembre 1997, n. 332, è elevato a ventitré anni.
9. All’art. 39, comma 24, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “A decorrere dall’anno 1999 è disposto un ulteriore incremento di 2.000 unità da assegnare all’Arma dei carabinieri, nell’ambito delle procedure di programmazione ed autorizzazione delle assunzioni di cui al presente
articolo”.
– La legge 23 dicembre 1999, n. 488, reca: “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato.
L’art. 20 della succitata legge, così recita:
“Art. 20 (Assunzioni di personale e misure di potenziamento del part-time).
– 1. All’art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come modificato dall’art. 22, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “Per l’anno 2001 deve essere realizzata una riduzione di personale non inferiore all’1 per cento rispetto a quello in servizio al 31 dicembre 1997, fermi restando gli obiettivi di riduzione previsti per gli anni precedenti, e fatta salva la quota di riserva di cui all’art. 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68.
Nell’ambito  della programmazione e delle procedure di autorizzazione delle assunzioni, deve essere prioritariamente garantita l’immissione in servizio degli addetti a compiti di sicurezza pubblica e dei vincitori dei concorsi espletati alla data del 30 settembre 1999;
b) dopo il comma 2 è inserito il seguente: “2-bis.
Allo scopo di assicurare il rispetto delle percentuali annue di riduzione del personale di cui al comma 2, la programmazione delle assunzioni tiene conto dei risultati quantitativi raggiunti al termine dell’anno precedente, separatamente per i Ministeri e le altre amministrazioni  dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,
per gli enti pubblici non economici con organico superiore a duecento unità, nonché per le Forze armate, le Forze di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Ai predetti fini i Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica riferiscono al Consiglio dei Ministri entro il primo bimestre di ogni anno.
c) il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. Per consentire lo sviluppo dei processi di riqualificazione delle amministrazioni pubbliche connessi all’attuazione della riforma amministrativa, garantendo il  rispetto degli obiettivi di riduzione programmata del personale, a decorrere dall’anno 2000 il Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, definisce preliminarmente le priorità e le necessità operative da soddisfare, tenuto conto in particolare delle correlate esigenze di introduzione di nuove professionalità.
In tale quadro, entro il primo semestre di ciascun anno, il Consiglio dei Ministri determina il numero massimo complessivo delle assunzioni delle amministrazioni di cui al comma 2 compatibile con gli obiettivi di riduzione numerica e con i dati sulle cessazioni dell’anno precedente.
Le assunzioni restano comunque subordinate all’indisponibilità di personale da trasferire secondo le vigenti procedure di mobilità e possono essere disposte esclusivamente presso le sedi che presentino le maggiori carenze di personale.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle assunzioni previste da norme speciali o derogatorie. ;
d) al comma 3-bis sono soppresse le parole da: “ivi comprese fino alla fine del periodo;
e) dopo il comma 3-bis è inserito il seguente: “3-ter. Al fine di garantire la coerenza con gli obiettivi di riforma organizzativa e riqualificazione funzionale delle  amministrazioni interessate, le richieste di autorizzazione ad assumere devono essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai principi di semplificazione e di funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all’utenza.
Le predette richieste sono sottoposte all’esame del Consiglio dei Ministri, ai fini dell’adozione di delibere con cadenza semestrale, previa istruttoria da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
L’istruttoria è diretta a riscontrare le effettive esigenze di reperimento di nuovo personale e l’impraticabilità di soluzioni alternative collegate a procedure di mobilità o all’adozione di misure di razionalizzazione interna.
Per le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché per gli enti pubblici non economici con organico superiore a duecento unità, i contratti integrativi sottoscritti, corredati da una apposita relazione tecnico-finanziaria riguardante gli oneri derivanti dall’applicazione della nuova classificazione del personale,  certificata dai competenti organi di controllo, di cui all’art. 52, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, laddove operanti,  sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, che, entro trenta giorni dalla data di ricevimento, ne accertano, congiuntamente, la compatibilità economico-finanziaria, ai sensi dell’art. 45, comma 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
Decorso tale termine, la delegazione di parte pubblica può procedere alla stipula del contratto integrativo.
Nel caso in cui il riscontro abbia esito negativo, le parti riprendono le trattative ;
f) il comma 18 è sostituito dai seguenti: “18.
Allo scopo di ridurre la spesa derivante da nuove assunzioni il Consiglio dei Ministri, con la determinazione da adottare ai sensi del comma 3, definisce, entro il primo semestre di ciascun anno, anche la percentuale del personale da assumere annualmente con contratto di lavoro a tempo parziale o altre tipologie contrattuali flessibili, salvo che per le Forze armate, le Forze di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Tale percentuale non  può comunque essere inferiore al 50 per cento delle assunzioni autorizzate.
Per le amministrazioni che non hanno raggiunto una quota di personale a tempo parziale pari almeno al 4 per cento del totale dei dipendenti, le assunzioni possono essere autorizzate, salvo motivate deroghe, esclusivamente con contratto a tempo parziale.
L’eventuale trasformazione a tempo pieno può intervenire purché ciò non comporti riduzione complessiva delle unità con rapporto di lavoro a tempo parziale.
18-bis. è consentito l’accesso ad un regime di impegno ridotto per il personale non sanitario con qualifica dirigenziale che non sia preposto alla titolarità di uffici, con   conseguenti effetti sul trattamento economico secondo criteri definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro ;
g) dopo il comma 20 sono inseriti i seguenti:
“20-bis. Le amministrazioni pubbliche alle quali non si applicano discipline autorizzatorie delle assunzioni, fermo restando quanto previsto dai commi 19 e 20, programmano le proprie politiche di assunzioni adeguandosi ai principi di riduzione complessiva della spesa di personale, in particolare per nuove assunzioni, di cui ai
commi 2-bis, 3, 3-bis e 3-ter, per quanto applicabili, realizzabili anche mediante l’incremento della quota di personale ad orario ridotto o con altre tipologie contrattuali flessibili nel quadro delle assunzioni compatibili con gli obiettivi della programmazione e giustificate dai processi di riordino o di trasferimento di funzioni e competenze.
Per le università restano ferme le disposizioni dell’art. 51.
20-ter. Le ulteriori economie conseguenti all’applicazione del presente articolo, realizzate in ciascuna delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e presso gli enti pubblici non economici con organico superiore a duecento unità, sono destinate, entro i limiti e con le modalità di cui all’art. 43, comma  5, ai fondi per la contrattazione integrativa di cui ai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro ed alla retribuzione di risultato del personale dirigente.
Con la medesima destinazione e ai sensi del predetto art. 43, comma 5, le amministrazioni e gli enti che abbiano proceduto a ridurre la propria consistenza di personale di una percentuale superiore allo 0,4 per cento rispetto agli obiettivi percentuali di riduzione annua di cui al comma 2 possono comunque utilizzare le maggiori economie conseguite .
2. Al comma 1 dell’art. 33 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, sono soppresse le parole: “Nell’ambito del medesimo comparto   .
Al medesimo art. 33, il comma 2 è abrogato.
3. Fatti salvi i periodi di vigenza maggiori previsti da specifiche disposizioni di legge, la validità delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale,  anche con qualifica dirigenziale, presso le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, è elevata da 18 a 24 mesi e comunque permane fino al 31 dicembre 2000.
Restano parimenti in  vigore fino alla predetta data le graduatorie valide al 31 dicembre 1998″.
Nota all’art. 11
– Il decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, reca: “Misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali”.
– Per quanto riguarda il decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, vedi le note all’art. 5.
– Per quanto riguarda la legge 24 giugno 1997, n. 196, vedi le note all’art. 1.
Nota all’art. 12:
– Per quanto riguarda la legge 5 febbraio 1999, n. 25, vedi le note alle premesse.
L’art. 1, comma 4, della  succitata legge così recita “4. Entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi e criteri  direttivi da essa fissati, il Governo può emanare, con la procedura indicata nei commi 2 e 3, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma  1”.